dott. Alessandro Di Grazia
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giovedì 12 aprile 2012


Alla fine di gennaio 2012, presso il Centro Veritas di Trieste, diretto da padre Mario Vit, si è concluso il seminario su Le parole nomadi. Abbiamo preso in esame con i partecipanti, circa una dozzina, quattro parole che ci sembravano particolarmente "nomadi", cioè instabili nella nostra società in profonda trasformazione. Rispetto, Altruismo, Desiderio e Comprensione sono le parole a cui abbiamo dedicato tre incontri ciascuna. Vorrei, man mano che il lavoro viene riordinato offrire a chi mi legge alcuni spunti che sono emersi dalle riflessioni con i partecipanti.
I tre incontri erano rispettivamente dedicati alla stesura di una lista di parole affini a quella presa in esame, all'esposizione libera di vissuti connessi con quanto emerso dalle liste tramite lo strumento della scrittura ed infine a delle riflessioni più ampie ma non astratte o disgiunte dall'esperienza. Questo modulo, che articola la mia proposta di pratica filosofica, lo abbiamo riproposto per ogni parola.

Ma ecco alcune parole "amiche" del "Rispetto"
rispetto
riguardo
stima
ossequio
riverenza
considerazione
dignità
autorità: rispettare una persona, i consigli, la legge
rispettabile nel senso di essere pregevole
dabbene
che ha valore
meritevole

Alcuni giochi linguistici
Rispettivamente: ciò che riguarda ognuno secondo il suo ordine in paragone a.
Rispettivo: che riguarda quella determinata cosa.
Rispettoso: in Machiavelli riguardoso nel senso di osservanza dell'autorità e della legge. L'essere rispettoso di una cosa, ma allo stesso la cosa è degna di essere “riguardata” e vista.
Potrebbe essere interessante vedere come è andato mutandosi il senso di dignitario in notabile.
Anche il notabile contiene in sé il senso del rispettabile in senso però più borghese. Notabile è anche chi o cosa può essere notato, cioè visto, reso oggetto di sguardo, temi non estranei all'idea di rispetto.
 
Qui di seguito una serie di parole connesse a rispetto
rispetto stima ossequio riverenza considerazione dignità autorità: rispettare una persona, i consigli, la legge essere pregevole dabbene che ha valore meritevole dabbene
Rispettivamente: ciò che riguarda ognuno secondo il suo ordine in paragone a quello dell'altro
Nel 1500 “rispetto” però era anche il nome per una forma poetica caratterizzata più o meno da una stanza di argomento amoroso nell'ambito della produzione popolare.
La genealogia della parola contiene in sé quindi una direzione legata a ciò che è investito dall'alto di una qualche proprietà degna di essere rispettata, ma anche dal sentimento popolare legato all'amore e alla sublimazione dell'erotismo.

Etimologia
Spectare= guardare
re-spectare= guardare indietro
re-spectu= partic. passato di spectare e quindi “visto indietro”
La forma intransitiva di “spectare” è “spicere”, da cui “respicere”.
Facendo il calco dal latino risulta che ri-spetto e ri-guardo hanno lo stesso significato.
Da questo ultimo risultato siamo indirizzati all'altro versante del rispetto e cioè a quello del prendersi cura di, del trattare con riguardo qualcuno o qualche cosa – si può avere rispetto anche per degli oggetti, basti pensare a quelli che sono investiti da una valenza magica o religiosa o semplicemente affettiva - ; trattare con riguardo non rimanda solo all'attenzione che poniamo nel rapportarci a qualcuno che è in posizione di superiorità o a cui comunque riconosciamo un valore particolare, ma anche all'amorevole cura e attenzione che riversiamo su un essere o un oggetto cui riconosciamo allo stesso tempo una fragilità o un essere indifeso e un altissimo valore.
Essere bruschi con un infante mostra la mancanza di questo atteggiamento fondamentale di cura amorevole richiamata dalla parola “riguardo”.
In origine re-spectu” indicava propriamente solo il voltarsi indietro spaziale, solo dal '33 ca. in poi la parola ha assunto un valore temporale e quindi con valenze etiche.

Ma ci sono altre valenze di quest'area semantica; qui di seguito i componenti di questa famiglia linguistica:
ri-specchiare innanzitutto, che rimanda ovviamente a ciò che è simile, che assomiglia ad un modello o all'origine di un'immagine. Nell'assonanza tra rispettare e rispecchiare possiamo inserire ulteriori considerazioni e cioè ad esempio il fatto che noi tendenzialmente o per principio, possiamo rispettare solo ciò che ci è simile e perciò rispettiamo ciò in cui ci rispecchiamo. Ciò in cui non ci riflettiamo non diviene nemmeno oggetto di riflessione, venendo così a mancare il senso del proprio, dell'appartenenza ad un altro essere.
Speculare
Riflettere con attenzione
Guardare con interesse
Stimare, che rimanda alla valutazione di un valore, ma anche all'attribuzione di fiducia e di consenso sociale che viene concesso a chi è degno di stima. Degno di essere stimato, quindi degno di essere valutato, calcolato. In senso spregiativo si dice “non lo calcolo nemmeno”. Dove il calcolo sostituisce lo stimare calcolare, si passa da un'operazione di gradimento ad una di dispregio.
Quindi reputazione è il valore che gli altri ci attribuiscono a fronte di un calcolo, di una stima, anche di una computazione. Nell'atteggiamento rispettoso abbiamo sempre anche un “calcolo” delle virtù pratiche, di come l'uomo si attiene e si intrattiene col mondo.






martedì 3 aprile 2012

S. Weil - L'Iliade o il poema della forza


A cura di       Alessandro Di Grazia
Traduzione di   Francesca Rubini
Introduzione di Alessandro Di Grazia
Edizioni Asterios  - Trieste 2012
 
All'inizio di gennaio io e Francesca abbiamo terminato il lavoro di traduzione e la cura di questo intenso e bellissimo testo della Weil che Asterios di Trieste ha pubblicato alla fine di febbraio .
Il testo, benché economico e di piccole dimensioni, è dotato di un ricco apparato bibliografico che indica tutte le opere della Weil tradotte in Italiano e da una biografia essenziale ma sufficientemente ampia per cogliere lo sviluppo della sua opera e della sua vita interiore.
 
Qui di seguito la quarta di copertina
“La forza trasforma chiunque da essa venga toccato”. Questa è per Simone Weil l'essenza del contenuto dell'Iliade. Nel poema omerico non si narra tanto l'eroismo nella battaglia o le fantastiche ingerenze degli dei nei casi umani. L'Iliade è piuttosto il poema della Forza e del potere che essa ha da una parte di portare alla rovina chi la esercita e dall'altra di pietrificare e ridurre a cosa chi la subisce. Allo stesso tempo, nel dispiegarsi tragico della forza e nella dismisura della volontà che l'accompagna, la violenza e la sopraffazione trovano il loro pareggio nella pietà e nell'amore, ma non nel perdono: il greco non conosce infatti questa ambigua categoria propria della cristianità. Ed è grazie a questa cruda verità, in cui l'uomo viene riportato alla sua finitezza, che la grande narrazione fondativa dell'occidente, si mantiene nella luce del mito. L'occhio di Omero guarda e narra con imparzialità quasi divina le violenze e le alterne sventure tanto degli Achei quanto dei Troiani. Lo stesso occhio, attraverso lo sguardo di Simone Weil, osserva, in un processo di attualizzazione del mito, tanto lucido quanto partecipe, l'avvicinarsi della tempesta europea. Con questo sguardo, “divenendo simili a Dei”, come diceva Goethe, la Storia, in una sorta di sospensione temporale, raccontando se stessa diviene profetica.


L'Iliade, o il poema della forza fu scritto da Simone Weil tra il 1936 e il 1939 e tra il 1940 e il 1941 uscì sui “Cahiers du Sud” a Marsiglia. É uno dei pochissimi testi pubblicati mentre Simone Weil era ancora in vita.

lunedì 30 gennaio 2012

Inattualità del pensiero debole


Qui un intervento di Gianni Vattimo sul libro di Pier Aldo Rovatti Inattualità del pensiero debole, edito da Forum di Udine


 Esce nelle librerie a fine gennaio Inattualità del pensiero debole, quasi un instant book, che si inserisce nel dibattito tra Vattimo e Ferraris che, con i suoi ultimi lavori, si è distanziato definitivamente dalla tradizione ermeneutica per approdare al neo realismo. Il testo prende il titolo dalla conversazione con Alessandro Di Grazia che si articola su tre temi: Verità, Potere e Soggetto. Quest'ultima parte termina con una riflessione sul concetto di cura che interpella la Consulenza filsofica in modo critico. Il riferimento d'obbligo è il testo di Rovatti La filosofia può curare? edito da Cortina nel 2006.