dott. Alessandro Di Grazia
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sabato 25 settembre 2010

Scuole superiori

Proposta di collaborazione per un progetto di intervento di consulenza filosofica

La consulenza filosofica

Una breve presentazione

La Consulenza Filosofica nasce ufficialmente in Germania nel 1981 con l’apertura da parte del filosofo Gerd Achenbach del primo studio di Philosophisce Praxis. La parola “Praxis” è stata resa in italiano col termine “consulenza”, il termine tedesco però non indica nulla di simile, “Praxis” infatti significa “Professionale”.

Filosofia professionale dunque, in quanto praticata da un “professionista” della disciplina e rivolta alla vita concreta. E’ bene fare questa precisazione benché per motivi di utilità continueremo ad usare“Consulenza”. Infatti uno dei tratti distintivi rispetto alla galassia delle pratiche legate al counselling è che essa non è orientata a fornire soluzioni o strategie particolari.

La Consulenza Filosofica vuole fare un percorso col cliente per giungere a porre le giuste domande e a mettere a fuoco le questioni importanti.

Con la Consulenza filosofica si tratta di darsi un tempo per pensare le reali situazioni contingenti, cioè di aiutare a pensare bene ciò che non è stato ancora pensato adeguatamente: qui c’è il “professionale” del filosofo. E’ importante considerare che la relazione d’aiuto che così si instaura è sempre indiretta poiché sollecita attivamente il consultante, sia esso il singolo o un gruppo di lavoro a porsi in modo corretto le domande necessarie e soprattutto ad assumersi in proprio la responsabilità delle decisioni e delle azioni che ad esse seguiranno.

Cosa offre la consulenza filosofica?

La consulenza filosofica è centrata sul cliente e non sulle risposte; si occupa degli stili discorsivi e di pensiero e non dei comportamenti.

L’uso di concetti e di parole che nella quotidianità del lavoro vengono dati per scontati, o le visioni del mondo implicite nelle scelte che si compiono nei diversi ambiti istituzionali, necessitano di un gesto di riappropriazione e l’apertura di un tempo condiviso per una riflessione libera, grazie a cui riattivare il senso di regimi discorsivi e di pensiero che vigono in un gruppo di lavoro.

Ciò che è routinario è ciò che è uscito dall’orizzonte di una riflessione attiva ed è un sedimento di ciò che si ritiene o si è ritenuto ovvio. Ma è proprio in tale ovvietà che si viene agiti da pensieri e concezioni della realtà che possono essere percepiti come opachi o inadeguati. Penetrare con un atteggiamento fenomenologico in ciò che appare ovvio già di per sé rimette in gioco forze e volontà di miglioramento e di progresso ed energie rivolte al futuro. Riuscire a progettare e a concepirsi al di là della quotidianità riapre l’orizzonte di senso tanto dell’esistenza personale quanto delle istituzioni in cui si lavora e vive.

A chi si rivolge?

Il lavoro con il consulente filosofo è rivolto a:

a) staff direttivo della scuola

b) personale docente (gruppi di insegnanti che già collaborano tra di loro o gruppi trasversali)

c) personale non docente

d) singoli attraverso l’istituzione di apposito sportello (personale docente, non docente, genitori e discenti)

Con quali strumenti?

Pur non essendoci un metodo univoco per la Consulenza filosofica è possibile identificare in essa un orientamento fenomenologico e decostruttivo.

Il campo privilegiato di intervento è perciò quello discorsivo-concettuale.

Si tratta innanzitutto di individuare e decostruire le retoriche bloccate dei discorsi, i punti in cui essi procedono automaticamente, dove quindi la funzione critica del singolo o del gruppo è disancorata.

La consulenza con i gruppi in linea generale si avvale:

a) del dialogo condotto secondo determinati principi e atteggiamenti.

b) dell’elaborazione di scritti utilizzati con diverse finalità e modalità.

La consulenza individuale utilizza esclusivamente il dialogo.

In questo ambito vengono integrati il dialogo strategico e il dialogo socratico


Con quali obiettivi?

Il nostro modo di pensare e di usare le parole esprime non solo la nostra identità personale, ma anche quella di un luogo o di un gruppo di lavoro. Mai come oggi queste identità si moltiplicano e si fluidificano aumentando la complessità delle nostre relazioni interpersonali e professionali.

Gli obiettivi che il lavoro di consulenza si pone sono:

1) Mettere in luce il complesso di idee e le concezioni della realtà che, non viste, ci determinano nostro malgrado fino nella sfera dell’agire e della relazione col mondo.

2) Prevenire i fenomeni di stress lavoro-correlato.

3) Prevenire i fenomeni di mobbing.

4) Dare attenzione e valore ai processi relazionali e decisionali

5) Elaborare un Codice etico che espliciti un’area di valori e di comportamenti condivisi da parte del gruppo in consulenza.

6) Rafforzamento del senso di partecipazione all’istituzione e alla vita scolastica.

7) Valorizzazione dell’atteggiamento creativo e propositivo del singolo o del gruppo di lavoro.

Conclusioni

Il rapporto col cliente, sia esso un singolo o un gruppo, è aperto e privo di impostazioni teoriche predefinite.

Il consulente filosofo non si pone come una figura direttiva, ma apre assieme al cliente uno spazio di ricerca. Si impegna con lui nella costruzione o ricostruzione di senso della propria esperienza esistenziale e professionale nella convinzione che idee coerenti con i vissuti e con processi decisionali siano la chiave di una vita felice e del buon funzionamento di istituzioni ed organizzazioni.

La sana collaborazione tra uomini avviene sempre quando le persone si trovano nella condizione di esprimere qualcosa di creativo e di introdurre nel proprio lavoro iniziative e modalità relazionali autonome. Quanto maggiore e precisa è la percezione del proprio ruolo e delle proprie responsabilità, tanto migliore sarà il rapporto con sé e con gli altri.

domenica 25 luglio 2010

Consulenza individuale

La Consulenza Filosofica è l’arte di porre domande.
Attraverso il dialogo essa propone di pensare e ri-pensare a fondo l’esistenza per comprendere ed abitare anche le esperienze del dolore e dell’angoscia. La sofferenza non va rimossa o superata, ma compresa per ridare alla vita pienezza di senso e dignità.
Il dialogo filosofico aiuta a comprendere la visione del mondo e il complesso di idee che sono alla base del nostro sentire e delle nostre scelte di vita.
La Consulenza Filosofica non vuole spiegare al consultante “chi” egli sia, ma chiarire assieme a lui quali oggetti popolano la sua “casa” al fine di renderla più accogliente.

La Consulenza Filosofica non è una psicoterapia alternativa, ma un’alternativa alla psicoterapia.


venerdì 16 luglio 2010

Istituzioni

Consulenza per equipes di lavoro

Gruppi

Gruppi di interesse elettivo

Organizzazioni

La filosofia pratica per le organizzazioni

Pensare lo sviluppo dell’uomo e delle organizzazioni

Relazionalità responsabile

Iniziativa

Partecipazione

Tre parole chiave per l’etica e l’anima delle organizzazioni

Nell’ambito delle organizzazioni la Consulenza filosofica si rivolge tanto ai gruppi quanto ai singoli. La sana collaborazione tra uomini avviene sempre quando le persone si trovano nella condizione di esprimere qualcosa di creativo e di introdurre nel proprio lavoro iniziative e modalità relazionali autonome. Quanto maggiore e precisa è la percezione del proprio ruolo e delle proprie responsabilità, tanto migliore sarà il rapporto con sé e con gli altri.

Fattori "fini" come le capacità sociali e di leadership creativa condizionano e determinano sia la "vivibilità" dell'ambiente di lavoro che lo sviluppo economico e la produttività altrettanto, se non di più, dei fattori puramente organizzativi.

Obiettivi della Consulenza filosofica

1) Donare un tempo riflessione all’interno delle routine lavorative dalle quali è necessario periodicamente assumere una posizione distanziata.

2) Prevenire le conflittualità e i fenomeni di stress, di mobbing e di altre disfunzionalità che generano una caduta della produttività.

3) Costruire o ricostruire il tessuto relazionale e professionale.

4) Dare significato ai vissuti e costruire le basi per un processo di individuazione.

5) Elaborare un codice di comportamento come punto di partenza per l’attivazione di energie di progettazione del sé e del gruppo di lavoro.

venerdì 2 luglio 2010

La consulenza filosofica

Alcuni aspetti essenziali della filosofia pratica

Utilizzando la parola consulenza il nostro pensiero va immediatamente alle diverse pratiche e saperi centrate sulla relazione d’aiuto rivolta tanto al singolo quanto alle istituzioni o a gruppi di lavoro.
In questi ultimi decenni abbiamo assistito al sorgere tumultuoso delle più diverse pratiche, specie in ambito psicologico. Si pensi che negli USA vi sono più di 200 diverse scuole di psicoterapia, per non contare poi i vari indirizzi di counselling, le strategie di problem solving e molto altro ancora. Non dimentichiamo ovviamente la psicoanalisi articolata nelle diverse scuole e tradizioni.
Tutto ciò rappresenta un tentativo di dare delle risposte alla complessità della realtà in cui viviamo, sia a livello intersoggettivo che negli ambienti di lavoro e in generale ovunque si tratti della relazione con gli altri. Spesso si tratta, specie negli ambiti professionali, di condotte di potere, regimi discorsivi di esclusione più o meno volontaria e poi consuetudini di pensiero, convinzioni e credenze che surdeterminano il nostro modo di stare al mondo e che a volte sono fonte di disagio se non di vera e propria sofferenza.
La nostra società “post” è caratterizzata da una sempre maggiore impoverimento dell’aspetto privato della vita. Questo fatto richiama appunto la necessità di sviluppare nuove strategie per affrontare problemi che molte volte alle persone appaiono troppo complessi. Il ricorso ad un “professionista” delle relazioni aumenta così di pari passo con l’aumento della complessità della vita.


Una precisazione linguistica e storica.

La Consulenza Filosofica nasce ufficialmente in Germania nel 1981 con l’apertura da parte del filosofo Gerd Achenbach del primo studio di Philosophisce Praxis. La parola “Praxis” è stata resa in italiano col termine “Consulenza”. Il termine tedesco però non indica nulla di simile. E’ bene fare questa precisazione perché uno dei tratti che distingue la consulenza filosofica rispetto alla galassia delle pratiche legate alla psicologia, è che non vuole dare dei consigli ai suoi clienti o “ospiti” – così chiama Achenbach chi si rivolge alla Philosophisce Praxis -, ma centra la sua attività sul domandare, sul tentare di porre le giuste domande a chi gli sta di fronte.
“Dare consigli” vuole dire mettersi nell’ottica di risolvere un problema, di mettersi quindi in una relazione d’aiuto diretta, relazione che spesso si configura come terapia. E’ una tendenza generale e profondamente radicata nella nostra attuale cultura, quella di trasformare il disagio, anche profondo, in una malattia. Sottrarre la sofferenza alle categorie della patologia rimane uno degli aspetti più importanti di un pensiero pratico e di una pratica del pensiero che assume anche l'aspetto politico, nel senso alto del termine, di restituire il cittadino alla polis, alla comunità delimitando la possibile sovrapposizione tra esistenza e “trattamento sanitario”.

La Cura

Con la filosofia si tratta di pensare e domandare e non di una terapia psicologica per risolvere o eliminare un problema. La nozione stessa di cura va ripresa, dopo Heidegger e Wittgenstein, come cura nel senso di un atteggiamento di amore per la finitezza dell’esistenza che si esprime in un far proprio anche il tema della morte e del dolore e nel senso di un’attenzione etica al linguaggio. Si tratta di pensare in modo “professionale” la nostra esistenza. Questa professionalità non è qualcosa di metodico, ma si realizza nell’impegno che il filosofo e il suo ospite si prendono di andare a fondo di alcune questioni tentando di pensare in modo adeguato ciò che fino a quel momento è rimasto celato sotto le ovvie retoriche quotidiane.
Certo anche in questo percorso si sviluppa qualcosa come una relazione d’aiuto, ma essa è per così dire indiretta poiché chiarendo quali siano le domande importanti, sollecita l’ospite a prendersi cura di sè.
Ma cosa significa “prendersi cura di sé”?
Dare una risposta adeguata a questa domanda è la scommessa della pratica filosofica. La posta su cui puntare è il concetto di soggettività. A partire dalla lezione della fenomenologia inaugurata da Husserl, l’idea di una soggettività chiusa ed autosufficiente è andata via via sfaldandosi. L’intimità del proprio interno appare sempre più popolata da “altro” rispetto a quanto tradizionalmente siamo propensi a considerare “più nostro”, cioè noi stessi.
Prendersi cura di sé assume dunque una dimensione intersoggettiva e pubblica costituita dalle storie che hanno prodotto la nostra storia, fatta di esperienze, sentimenti, emozioni e idee.
Le nostre visioni della realtà, le nostre credenze e le idee che diamo per scontate sono il sedimento ultimo di questa nostra storia che allo stesso tempo è la storia degli altri.
La filosofia pratica prende avvio dalla chiarificazione di questo sedimento che lungi dall’essere un reperto archeologico da museo, è ciò che costituisce la nostra identità di fronte al mondo e che continuamente ci orienta nelle nostre scelte e nelle nostre convinzioni.
Socrate conduceva i suoi dialoghi in pubblico sul filo dell’ironia e della provocazione. Egli si prefiggeva di far partorire all’interlocutore una verità che non soltanto non sapeva di avere in grembo, ma che nemmeno lui, Socrate, conosceva prima di intrattenersi nel dialogo stesso. Una verità che è si universale (piuttosto razionalistica a quel tempo!) ma che emerge nel farsi della relazione.
Questa verità quindi non è posta a priori (come nella dogmatica), ma viene piuttosto ad emergere a posteriori, si fa facendosi!
La consulenza riuscita ha quindi la freschezza della scoperta sia per il consulente che per il consultante, per l’ospite.
Si tratta anche di un esercizio in cui si impara a fare a meno dell’interpretazione. Quest’ultima si sviluppa necessariamente da un ipotesi di partenza che assume la durezza di uno schema di riferimento ed infine di una teoria esplicativa.
Per dirla con Heidegger è necessario operare un superamento, uno spostamento essenziale che, dalla tradizionale domanda di stampo metafisico “Che cos’è l’uomo?”, ci permetta di formulare la domanda “Chi è l’uomo?”
In questa prospettiva non siamo di fronte ad un oggetto (ad esempio delle scienze calcolanti o della psicologia), bensì ad un soggetto in carne ed ossa su cui non sappiamo di più di quanto sappia lui stesso.
La sua verità emerge, se emerge, dalla relazione e non è un dato che verifica una teoria.
Il singolo, allo stesso modo di un gruppo di lavoro o una situazione, vanno interrogati con lo stesso spirito e la stessa responsabilità con cui interroghiamo noi stessi.
E’ dal soggetto che abbiamo di fronte che ci vengono le risposte a ciò che noi formuliamo come una domanda; non è certo il filosofo che dà delle risposte a delle domande che l’altro invece non pone.
La praticità della filosofia non sta nel cercare delle cause, ma nel lavorare con gli stili discorsivi e di pensiero.

Gli strumenti della filosofia pratica

Se fosse possibile identificare un metodo della consulenza, si potrebbe dire che esso ha a che fare anche, ma non solo, con un approccio inizialmente decostruttivo.
Il campo privilegiato di intervento diviene così quello discorsivo-concettuale in cui individuare e decostruire le retoriche bloccate del discorso, i punti in cui esso procede automaticamente, dove quindi la funzione critica del soggetto sorvola evitando di fatto un nodo problematico. Il cuore del lavoro sta quindi nel percorso di scoperta dell’immagine che si ha di se stessi e del mondo, immagini a cui siamo ancorati e da cui siamo sostenuti nella nostra identità.
La filosofia aiuta a circoscrivere il perimetro di questa identità sì vissuta ma soltanto parzialmente pensata.
Non si tratta quindi prioritariamente di analizzare cosa e come sentiamo, ma di mettere in luce il complesso di idee che, non viste ci determinano, molto spesso nostro malgrado, fino nella sfera dell’agire e della relazione col mondo.
La radice di molti malesseri sta in questo percorso interrotto tra ciò che possiamo o vogliamo pensare e ciò che realmente realizziamo nell’azione relativamente a quel pensare.
Non si tratta quindi di scavare in un inconscio che, ribellandosi alla protervia di una debole razionalità, rivendica i suoi diritti, ma di mettere in luce la difficoltà di pensare e soprattutto di dire e raccontare ciò che realmente facciamo e desideriamo.

L’atteggiamento filosofico tradizionalmente si costituisce in una presa di distanza dalla cosiddetta vita concreta, ma invece di una pericolosa e sempre possibile fuga del pensiero nel proprio mondo di concetti astratti e teoretici, attività utilissima nella sua giusta sede, la direzione della consulenza prende avvio da problemi concreti, diventando così, nella vita appunto, un’occasione per gettare un ponte tra il pensare e l’agire e per riflettere sul rapporto vivente tra i nostri saperi e le nostre pratiche.
In definitiva è questo rapporto che ci definisce come uomini e riflettere organicamente su di esso significa prendere quella distanza necessaria per mettere in moto un’interrogazione sul proprio sé e sulla propria identità.

giovedì 1 luglio 2010

Profilo personale e contatti

Si è laureato in Filosofia Contemporanea a Trieste con il prof. Rovatti.
Dal 2000 al 2009 ha fatto parte del consiglio di amministrazione di una scuola privata materna e primaria.
Nel 2009 ha conseguito il Diploma di Master di II livello in Consulenza Filosofica presso l’Università Cà Foscari di Venezia conclusosi con un tirocinio di tre mesi presso ASI-Ansaldo Sistemi Industriali di Monfalcone.
Collabora con il prof. Rovatti nell’ambito del Laboratorio di Filosofia Contemporanea presso l’Università di Trieste.
Oltre a diversi articoli apparsi su riviste specializzate, ha pubblicato Inattualità del pensiero debole, edito da Forum, scritto assieme a Pier Aldo Rovatti e ha  curato la traduzione, gli apparati biografici e bibliografici de L'Iliade o il poema della forza di Simone Weil, edito da Asterios di Trieste,  di cui ha scritto l'introduzione.
Tiene seminari basati sulle pratiche filosofiche e svolge la professione di consulente filosofico.


Per appuntamenti e colloqui:
Telefono +39 349 1250 632

e-mail - adigrazia@tin.it