Isabella Pugliese intervista Alessandro Di Grazia sul ciclo di incontri
Parole nomadi per la cura del sè, in cui si lavorerà con le pratiche filsofiche.
Programmi
dell’accesso di RaiRegione FVG
(messa
in onda 7 ottobre 2011)
Isabella
Buongiorno
ai radioascoltatori. Mi chiamo Isabella Pugliese e – come forse
ricorderete perché sono venuta ancora in Rai – sono la segretaria
del Centro Veritas. Oggi è con me Alessandro Di Grazia, uno dei
docenti dei 3 Corsi del I° semestre che il nostro Centro di Trieste
organizza.
Vorremmo sapere da
Alessandro
Di Grazia
il perché del suo corso su Parole
nomadi per la cura del sé. Laboratorio di pratiche filosofiche: cosa
si propone e in che cosa consiste? …
Alessandro
Innanzitutto
grazie per darmi la possibilità di essere qui con voi.
Forse
la prima cosa da notare è l'apparente contrasto tra le parole
“filosofia” e “pratica”. In genere l'opinione comune non è
molto tenera sull'importanza da attribuire alla filosofia, la
considera per lo più una materia astratta ed inutile. Molto spesso
ciò è purtroppo vero, però il secolo appena trascorso ha visto lo
sviluppo di modi di intendere e di “fare” filosofia che hanno
recuperato, e bisogna dire, finalmente, un certo rapporto con la vita
concreta, sia nei temi che nello stile. In fondo la filosofia non è
nata come esercizio speculativo, ma come dialogo e come pratica di
vita e di autoconoscenza all'interno di scuole di diverso
orientamento. Socrate ne è l'esempio più chiaro, ma non vanno
dimenticate altre direzioni, come quella dei cinici, o venendo più
vicino a noi quella della scuola di Epitteto. Insomma c'è tutta una
tradizione che per secoli ha caratterizzato la filosofia in modo più
o meno carsico, e che oggi tende a riemergere alla luce del sole, che
riguarda la cura di sé o gli esercizi spirituali e in generale la
spiritualità allocuzioni che comunque non uso volentieri perché non
prive di una certa ambiguità e problematicità.
A
questo proposito vorrei far notare che il titolo recita “del sé”
e non “di sé” per una scelta del tutto intenzionale che, a mio
avviso, ha delle importanti implicazioni.
Se
avessi scelto “di sé” in fondo avrei fatto intravedere una sorta
di promessa di edificazione introspettiva, una nobilitazione
dell'anima verso se stessa che è il modo più o meno corrente di
intendere l'autoconoscenza, un modo che presenta sempre il rischio
dell'autoreferenzialità e quindi dell'avvitamento in se stessi. Con
l'articolo “del” vorrei spostare l'attenzione sul fatto che se
scopriamo, come io credo sia vero, che la propria soggettività ha
pochissimo di autocostruzione e molto del contributo degli altri,
allora possiamo pensare ragionevolmente ad una soggettività che
attraversa i singoli allo stesso tempo costituendoli e superandoli.
Di
questa dimensione, che ovviamente è anche e soprattutto
intersoggettiva, vogliamo prenderci cura e lo faremo appunto
praticamente. Poiché il cardine su cui si regge “il sé” inteso
in questo senso è il linguaggio, nel corso lavoreremo con le parole.
Il laboratorio sarà un'attività per così dire artigianale, dove
non ci preoccupiamo di darci una teoria sull'intersoggettività o
sulla realtà del linguaggio o su altro ancora, ma dove invece
cercheremo di scoprire assieme quale teoria, quale visione del mondo
sono sottese e funzionano all'interno del nostro comune discorrere.
Nel
corso proporrò quindi di lavorare su tre parole che a mio avviso
hanno iniziato un loro nomadismo, tre parole che sono un po' migranti
e che subiscono spostamenti di senso sotto la spinta di condizioni
sociali in forte mutamento. Esse sono:
Rispetto
Altruismo
Comprensione
Ciascuna
di esse ci impegnerà per tre o quattro incontri e se ci sarà lo
spazio potremmo aggiungerne una quarta che potrebbe emergere dagli
interessi dei partecipanti. Cercheremo di circoscriverne il senso che
attribuiamo loro e il modo d'uso nel nostro linguaggio comune e di
far vivere il nostro rapporto con queste parole attraverso
l'esperienza della scrittura. Ovviamente sullo sfondo dobbiamo tenere
presente che il senso di questo lavoro, come dicevo prima, è quello
di mettere in luce che effettivamente ciascuno di noi ha una propria
filosofia che paradossalmente rimane per lo più nascosta a chi la
pratica.
Isabella
Se
non sono indiscreta: possiamo sapere come è nato in lei questo
interesse?
Alessandro
Direi che da sempre ho ritenuto che la cultura per non essere
qualcosa di fantasmatico, ma di reale non dovesse allontanarsi dalla
vita, dalla quotidianità, da ciò che insomma coinvolge realmente
gli uomini e li tocca nei loro interessi più profondi. Ovviamente
questo non significa un appiattimento, ma anzi, proprio dove
riusciamo a pensare il reale, senza teorizzarlo, lì voliamo alto. A
lungo ho lavorato come operaio e artigiano, mi sono impegnato nel
volontariato e per diversi anni ho diretto assieme ad altre persone
una scuola privata. Sono queste esperienze, soprattutto quelle nella
scuola, che hanno impresso in me l'esigenza di dotarmi di strumenti
filosofici adeguati alla loro complessità e ricchezza. Ho
sperimentato molto concretamente, nel bene e nel male, che
l'andamento delle relazioni ed il successo di un'impresa comune sono
quasi del tutto condizionate dal modo in cui pensiamo la realtà.
Pensare adeguatamente ciò in cui siamo immersi fino al collo oggi è
la sfida cui dobbiamo far fronte. Riuscirci è anche un amorevole
tentativo di trasformazione del sé e quindi di sé.
Isabella
Grazie
al dott. Di Grazia. Ricordiamo che il suo corso Parole
nomadi per la cura del sé. Laboratorio di pratiche filosofiche si
tiene ogni settimana, il giovedì,
dalle 18.30 alle 20. Benché sia iniziato il 6 ottobre scorso, è
ancora possibile iscriversi.