dott. Alessandro Di Grazia
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lunedì 31 ottobre 2011

Parole nomadi


Isabella Pugliese intervista Alessandro Di Grazia sul ciclo di incontri 
Parole nomadi per la cura del sè, in cui si lavorerà con le pratiche filsofiche.

Programmi dell’accesso di RaiRegione FVG
(messa in onda 7 ottobre 2011)




Isabella
Buongiorno ai radioascoltatori. Mi chiamo Isabella Pugliese e – come forse ricorderete perché sono venuta ancora in Rai – sono la segretaria del Centro Veritas. Oggi è con me Alessandro Di Grazia, uno dei docenti dei 3 Corsi del I° semestre che il nostro Centro di Trieste organizza.

Vorremmo sapere da Alessandro Di Grazia il perché del suo corso su Parole nomadi per la cura del sé. Laboratorio di pratiche filosofiche: cosa si propone e in che cosa consiste? …

Alessandro
Innanzitutto grazie per darmi la possibilità di essere qui con voi.
Forse la prima cosa da notare è l'apparente contrasto tra le parole “filosofia” e “pratica”. In genere l'opinione comune non è molto tenera sull'importanza da attribuire alla filosofia, la considera per lo più una materia astratta ed inutile. Molto spesso ciò è purtroppo vero, però il secolo appena trascorso ha visto lo sviluppo di modi di intendere e di “fare” filosofia che hanno recuperato, e bisogna dire, finalmente, un certo rapporto con la vita concreta, sia nei temi che nello stile. In fondo la filosofia non è nata come esercizio speculativo, ma come dialogo e come pratica di vita e di autoconoscenza all'interno di scuole di diverso orientamento. Socrate ne è l'esempio più chiaro, ma non vanno dimenticate altre direzioni, come quella dei cinici, o venendo più vicino a noi quella della scuola di Epitteto. Insomma c'è tutta una tradizione che per secoli ha caratterizzato la filosofia in modo più o meno carsico, e che oggi tende a riemergere alla luce del sole, che riguarda la cura di sé o gli esercizi spirituali e in generale la spiritualità allocuzioni che comunque non uso volentieri perché non prive di una certa ambiguità e problematicità.
A questo proposito vorrei far notare che il titolo recita “del sé” e non “di sé” per una scelta del tutto intenzionale che, a mio avviso, ha delle importanti implicazioni.
Se avessi scelto “di sé” in fondo avrei fatto intravedere una sorta di promessa di edificazione introspettiva, una nobilitazione dell'anima verso se stessa che è il modo più o meno corrente di intendere l'autoconoscenza, un modo che presenta sempre il rischio dell'autoreferenzialità e quindi dell'avvitamento in se stessi. Con l'articolo “del” vorrei spostare l'attenzione sul fatto che se scopriamo, come io credo sia vero, che la propria soggettività ha pochissimo di autocostruzione e molto del contributo degli altri, allora possiamo pensare ragionevolmente ad una soggettività che attraversa i singoli allo stesso tempo costituendoli e superandoli.
Di questa dimensione, che ovviamente è anche e soprattutto intersoggettiva, vogliamo prenderci cura e lo faremo appunto praticamente. Poiché il cardine su cui si regge “il sé” inteso in questo senso è il linguaggio, nel corso lavoreremo con le parole. Il laboratorio sarà un'attività per così dire artigianale, dove non ci preoccupiamo di darci una teoria sull'intersoggettività o sulla realtà del linguaggio o su altro ancora, ma dove invece cercheremo di scoprire assieme quale teoria, quale visione del mondo sono sottese e funzionano all'interno del nostro comune discorrere.
Nel corso proporrò quindi di lavorare su tre parole che a mio avviso hanno iniziato un loro nomadismo, tre parole che sono un po' migranti e che subiscono spostamenti di senso sotto la spinta di condizioni sociali in forte mutamento. Esse sono:
Rispetto
Altruismo
Comprensione
Ciascuna di esse ci impegnerà per tre o quattro incontri e se ci sarà lo spazio potremmo aggiungerne una quarta che potrebbe emergere dagli interessi dei partecipanti. Cercheremo di circoscriverne il senso che attribuiamo loro e il modo d'uso nel nostro linguaggio comune e di far vivere il nostro rapporto con queste parole attraverso l'esperienza della scrittura. Ovviamente sullo sfondo dobbiamo tenere presente che il senso di questo lavoro, come dicevo prima, è quello di mettere in luce che effettivamente ciascuno di noi ha una propria filosofia che paradossalmente rimane per lo più nascosta a chi la pratica.


Isabella
Se non sono indiscreta: possiamo sapere come è nato in lei questo interesse?

Alessandro
Direi che da sempre ho ritenuto che la cultura per non essere qualcosa di fantasmatico, ma di reale non dovesse allontanarsi dalla vita, dalla quotidianità, da ciò che insomma coinvolge realmente gli uomini e li tocca nei loro interessi più profondi. Ovviamente questo non significa un appiattimento, ma anzi, proprio dove riusciamo a pensare il reale, senza teorizzarlo, lì voliamo alto. A lungo ho lavorato come operaio e artigiano, mi sono impegnato nel volontariato e per diversi anni ho diretto assieme ad altre persone una scuola privata. Sono queste esperienze, soprattutto quelle nella scuola, che hanno impresso in me l'esigenza di dotarmi di strumenti filosofici adeguati alla loro complessità e ricchezza. Ho sperimentato molto concretamente, nel bene e nel male, che l'andamento delle relazioni ed il successo di un'impresa comune sono quasi del tutto condizionate dal modo in cui pensiamo la realtà. Pensare adeguatamente ciò in cui siamo immersi fino al collo oggi è la sfida cui dobbiamo far fronte. Riuscirci è anche un amorevole tentativo di trasformazione del sé e quindi di sé.

Isabella
Grazie al dott. Di Grazia. Ricordiamo che il suo corso Parole nomadi per la cura del sé. Laboratorio di pratiche filosofiche si tiene ogni settimana, il giovedì, dalle 18.30 alle 20. Benché sia iniziato il 6 ottobre scorso, è ancora possibile iscriversi.

giovedì 10 febbraio 2011

Seminario filosofico-letterario






Quattro incontri con la

Filosofia pratica

Seminario filosofico-letterario

Linea d'ombra

Raccontare il passaggio


Ci troviamo sulla riva di un fiume, di fronte a noi il guado. Il passato si sfalda, il futuro è incerto. Siamo soli adesso.


Un percorso filosofico-letterario per trovare le parole che descrivono quei momenti cruciali della nostra biografia in cui attraversiamo la linea d'ombra della vita.

Informazioni sul seminario

Sede: Via Beccaria 6, VI piano, Ts

Orario: 17.30 - 19.30

Giorni: Venerdì 4, 11, 18. 25 Marzo


Contatti: Cell.: 349 1250 632 Mail: adigrazia@tin.it

Costo per i 4 incontri: € 30.00


A chi si rivolge: a tutti coloro che desiderano ampliare l’orizzonte di senso delle proprie esperienze e dei propri vissuti, offrendo uno spazio di riflessione libera da ogni dogmatismo o ideologia. Il seminario si realizza attraverso la capacità di interrogarsi, senza la pretesa di giungere a certezze definite. Il gruppo sarà composto al massimo da 12 persone.

Come si svolge: nell'arco di quattro settimane in cui, attraverso il dialogo libero e l'esame di esperienze concrete, si cercherà di delimitare e chiarire, anche con l'ausilio di testi di riferimento, l’esperienza della linea d'ombra nella nostra vita.

Per completare il nostro lavoro faremo un'esperienza di scrittura che ci condurrà alla conclusione del laboratorio.

Linea d'ombra è il titolo di un famoso romanzo di Joseph Conrad.

Cosa avviene mentre compiamo un'azione, assumiamo una nuova posizione o ci decidiamo per una risoluzione? Cosa accade mentre «passiamo»? Possiamo intendere «passare», sia nel senso di passare davanti a qualcosa, ma anche passare attraverso, o addirittura nel senso di tramontare o di venir meno ad un malanno, cioè di avviarsi alla guarigione.

La linea d'ombra segna questi passaggi, questi attraversamenti; su di essi non poniamo mai abbastanza attenzione, rivolti troppo spesso alla meta, al fine. Il «mentre» di un percorso è sempre in penombra, una zona grigia delimitata da una linea d'ombra.

Con un pensiero che sa interrogare la vita cercheremo di smentire, almeno in parte, l'aforisma di Oscar Wilde secondo cui «…la vita accade mentre pensiamo ad altro»!

lunedì 7 febbraio 2011

A proposito de L'Esperance


Ne Il trentesimo anno, Ingeborg Bachmann racconta, con la sua prosa asciutta e tesa, lo sbandamento e la ricerca di un'identità e di un posto al mondo alla svolta del trentesimo anno del protagonista: “lui”. Per la Bachmann è un momento di passaggio, che viene descritto attraverso i pensieri e gli occhi di un protagonista maschile, che in questo transito viene disperso e annullato nelle sue certezze e reso incerto perfino sull'identità del proprio passato e delle proprie relazioni. “Ora non è più innamorato della sua stella”. Nella narrazione si respira un'angosciato rancore nei confronti della patria: l'Austria che si trova al centro dei laceranti ricordi adolescenziali del primo capitolo del racconto. Nel 1938, anno dell'annessione alla Germania nazista, Ingeborg aveva infatti 12 anni. Con una nota sarcastica il secondo capitolo esordisce dicendo che “Di uno che entra nel suo trentesimo anno non si smetterà di dire che è giovane”. In questa esperienza di estraniamento doloroso Roma appare come una possibile via di fuga. Per raggiugerla deve disfarsi delle sue vecchie cose. “La sua stanza è già sgombra, ma in giro restano ancora alcune cose di cui non sa che cosa fare: libri, quadri, prospetti con fotografie con paesaggi costieri, cartine della città e una piccola riproduzione che non ricorda da dove venga. L'Esperance è il titolo del quadro di Puvis de Chavannes nel quale la Speranza, casta, angolosa, con in mano un ramoscello verde tenero, siede sopra un panno bianco. Sullo sfondo, appena accennate, alcune croci nere; in lontananza – plastica e marcata – una rovina; sopra la Speranza – una rosea striscia di cielo crepuscolare perché è sera, è tardi, e la notte sta per calare. Benché non appaia sul quadro - la notte verrà! Calerà sul quadro della Speranza e sulla stessa fanciullesca speranza, tingerà di nero quel ramoscello e lo farà seccare. Ma è solo un quadro, lo butta via.” In questa descrizione ci sono tutti gli elementi che caratterizzano la condizione del passaggio: la speranza che si teme possa essere soppressa dalla notte dell'esistenza reale, la fine dei sogni e dei giochi. La Bachmann mostrerà quanto sia illusoria questa prospettiva unilaterale e come la vita sia ricca d'imprevisti in grado di rimettere in gioco forze che apparivano destinate al fallimento. L'uscita dalla giovinezza non per questo però sarà meno dolorosa: “lui” uscirà da questa condizione incerta e persino morbosa grazie ad un incidente automobilistico. Una piccola catastrofe che il lettore assaporerà, assieme al protagonista come una liberazione.